«Il messaggero aveva la lingua pesante, non era capace di ripetere il messaggio; poiché il messaggero aveva la lingua pesante, e non era capace di ripetere il messaggio, il signore di Uruk impastò l’argilla e vi incise parole come in una tavoletta; prima nessuno aveva mai inciso parole nell’argilla ora, quando il dio sole risplendette, ciò fu manifesto: il signore di Uruk incise le parole come in una tavoletta ed esse furono visibili», in queste righe arcaiche, tratte dal poema epico sumerico Enmerkar e il Signore di Aratta, viene descritta l’invenzione della scrittura. Uno scriba descrive in termini semplici una delle invenzioni della mente umana, la scrittura, il mezzo di comunicazione caratteristico dell’uomo, senza il quale il nostro passato e la stessa civiltà appassirebbero dissolvendosi nel silenzio.
Questa storia ci porta a riflettere sull’importanza dei segni grafici che fa conoscere attraverso macchie di inchiostro la nostra civiltà, il nostro mondo, i nostri pensieri, le nostre frustrazioni, le nostre problematiche, il nostro mondo lavorativo.
Da qui deriva l’importanza di focalizzare l’attenzione su quelle fenomenologie che, spesso vengono solo osservate senza mai essere verificate attraverso ipotesi derivanti da fragili osservazioni. Da qui deriva la necessità di affrontare una nuova epoca proiettata al futuro che riesca ad interpretare e dare un senso all’espressione di una civiltà. La necessità di attribuire un significato numerico alle osservazioni grafiche che esprimono il mondo.
Solo attraverso quella ricerca che si spinge oltre i confini del tempo, si può misurare il grado di civiltà di un popolo, la sua cultura e apertura a quei metodi sperimentali immortalati dalla scrittura e che attraverso una specifica sequenza alfabetica tracciano sentieri diretti verso l’evoluzione.
L’uomo non può barricarsi dietro un recinto confinato da filo spinato, bensì deve abbattere quelle barriere per proiettarsi verso un nuovo orizzonte, in quanto tutto nell’universo è evoluzione, contiene in sé un programma di perfezionamento, attraverso l’utilizzo del metodo sperimentale si può tentare quindi di affinare le nostre arti, per esempio nel nostro caso un diverso modo di lavorare che, riesca a contenere tutti quegli stimoli negativi che, a seconda le caratteristiche di personalità, possano causare disagi nel lavoratore più o meno gravi. Fare ricerca, può servire a rievocare il concetto di fantasia a un popolo che risulta ormai cristallizzato nella tecnologia dell’era digitale, per fare ricerca significa essere un po’ geniali, avere capacità di esplorazione, intuito e curiosità per ciò che accade attorno a noi. Margherita Hack nel Dialogo sui minimi sistemi con Marco Morelli, afferma che «se gli uomini grazie alla loro fantasia non si fossero convinti che le isole cui andavano incontro potessero essere diverse, nessuno si sarebbe imbarcato in avventure verso l’ignoto, come invece era accaduto da sempre. È l’aver creduto che potesse esistere qualcosa di diverso e migliore, ad averci spinto verso la ricerca di nuovi orizzonti. Gli esseri umani,… hanno sempre avuto nel loro DNA un’indole da esploratori. Nasciamo curiosi … l’ignoto affascina e incuriosisce …».
La curiosità per la verifica di una ipotesi, apre le porte a nuovi orizzonti.
Il metodo scientifico, va inteso come metodo di soluzione al problema mediante:
- l’osservazione della realtà e analisi del problema in oggetto;
- formulazione di una ipotesi sul modo di essere della realtà;
- progettazione di un piano di indagine;
- verifica delle ipotesi.
- Si segue così l’indirizzo di uno scopo e un metodo e si continua
per il periodo che si vuole osservare, sotto la luce scientifica, un
determinato problema.Se volessimo ad esempio analizzare le diverse
situazioni di bisogno del lavoratore che opera nell’ambiente della
Centrale di Emergenza – Urgenza e che, continuamente interagisce con la
sofferenza umana attraverso la gestione di innumerevole richieste di
Soccorso. Per meglio comprendere, dobbiamo capire bene che cos’è la
richiesta di bisogno di aiuto che arriva al lavoratore.Un bisogno è da
intendersi come una carenza di un’esigenza che motiva ad acquisire
qualcosa di necessario al mantenimento dell’integrità dell’individuo, in
termini di vita, di omeostasi, di salute, di benessere. È quindi nel
contempo una mancanza di, ma anche una tensione a, una
forza, una spinta, una motivazione fondamentale per ogni essere umano
malato o sano.Le circostanze in cui un bisogno può insorgere sono,
secondo Dorothea Orem, diverse e possono dipendere:
- dalla presenza o dall’assenza di malattia;
- dalla qualità dello stato di salute della persona;
- dagli avvenimenti e dalle circostanze della vita che sta vivendo la persona.
- bisogni di base, quali l’aria, l’acqua, il cibo, l’attività e il riposo, le interazioni sociali e così via;
- bisogni in relazione alle alterazioni dello stato di salute. Lo stato di salute inteso come benessere psico – fisico.
- Proviene da un bisogno fondamentale;
- Costituisce una necessità individuale dell’utente perché conservi o ritrovi la sua indipendenza nella soddisfazione dello stesso bisogno fondamentale;
- È compatibile con le conoscenze attuali circa le esigenze dell’essere umano.
Le azioni possono essere singole o costituire un sistema di interventi in cui il professionista che interviene, usa le proprie abilità, per progettare il raggiungimento di un obiettivo specifico. Ma cosa determinano queste azioni nella sfera dell’Operatore? Innumerevoli disagi derivanti dal ripetersi di eventi stressanti, caratterizzati dalle richieste incessanti di aiuto in situazioni di emergenza sanitaria come mostra la tabella I
Solo aumentando il livello di autoconsapevolezza con uno specifico intervento assistenziale, si potrebbe sviluppare un processo di miglioramento verso una autoconsapevolezza dei lavoratori sia verso il ruolo che essi ricoprono, sia nei confronti della vita stessa e sia nei confronti di disagi insorti durante l’attività lavorativa.
Aumentare il livello dell’autoconsapevolezza dei lavoratori, è possibile attraverso la preventiva conoscenza dei possibili meccanismi in atto e la sollecitazione successiva di un atteggiamento di autovalutazione critica mediante una intervento di Formazione in Progress. L’intervento formativo, costituisce un processo educativo ampio, complesso, continuativo, di orientamento e in particolar modo non direttivo, bensì espressione di una diatesi riflessiva, finalizzata al conseguimento di risultati professionali maggiormente gratificanti. Un intervento Formativo ben strutturato dovrebbe includere: focus group, supervisione, tavole rotonde, aggiornamenti professionali come mostra la tabella II.
La convinzione è che il lavoratore, una volta conosciute, attraverso un processo di chiarificazione le sue tendenze profonde e le sue motivazioni, possa aumentare il suo adattamento emotivo ed il suo benessere armonizzandole con attività professionali congrue. Il lavoro in questo senso è concepito come occasione per la realizzazione dei bisogni profondi del soggetto e quindi come fonte di soddisfazione come mostra la tabella III.
L’autodeterminazione è un processo che passa di necessità attraverso la consapevolezza, ed è per questo importante che i soggetti ai quali sono rivolti gli interventi di formazione in progress, non siano considerati soltanto i fruitori ignari di interventi episodici ottimamente strutturati. Quanto ipotizzato resta pertanto una ipotesi da verificare mediante un percorso di Ricerca organizzato ed esteso a tutte quelle figure professionali che operano nell’ambito dell’Emergenza Territoriale
Quello che si sottolinea è che è auspicabile che la diffusione di questi concetti così proficui, non si circoscrivano solo all’arco cronologico di riferimento, ma che si possano protrarre nel tempo all’interno dell’ambiente lavorativo, con la consapevolezza di introdurre sempre innovative attività di prevenzione sia di natura tecnologica, teorica che esperienziale per le fasi di sviluppo di tutti i lavoratori in una prospettiva evolutiva.
Dr.ssa Irene Fanella